«Lo sport abbatte i muri dell’indifferenza, dell’inimicizia e delle divisioni e costruisce ponti nuovi».
«Lo sport abbatte i muri dell’indifferenza, dell’inimicizia e delle divisioni e costruisce ponti nuovi». Questa le parole dell’Arcivescovo Metropolita Mons. Giancarlo Bregantini, sintesi del convegno organizzato dal Comitato Regionale Molise dell’Associazione Nazionale Stelle, Palme e Collari d’Oro al Merito del Coni e del Cip svoltosi giovedì 30 settembre nell’Aula “Celestino V” della Curia Vescovile a Campobasso.Alla presenza di numerosi consiglieri e soci ANSMeS, di suor Francesca Barbanera (Referente PGS, Sport e Cristianesimo), Othmane Azafad (Imam Moschea Campomarino) e dello stesso Mons. Bregantini, il Presidente regionale Michele Falcione ha fatto gli onori di casa introducendo gli interventi dei relatori, alcuni dei quali collegati in videoconferenza. «Un momento di incontro voluto fortemente che ha trovato subito l’entusiasmo dei presenti – ha affermato Falcione – e dei soci ANSMeS. Lo Sport che abbatte i muri non solo sportivi ma anche etnici, culturali, sociali e religiosi. Un tema importante non solo a livello sportivo ma anche sociale con l’obiettivo di trasmettere alle future generazioni il messaggio di integrazione sportiva, religiosa, culturale alla base delvivere civile e del raggiungimento di importanti traguardi ed obiettivi».«Lo Sport è molto importante per avvicinare i popoli di diverse religioni – ha affermato l’Imam Othmane Azafad – perché nello sport non c’è interesse come nella politica, la quale ha distrutto il dialogo tra i popoli creando problemi e guerre. Nello sport siamo tutti più vicini l’uno all’altro. Numerosi sono gli insegnamenti che il Profeta ci offre citando esempi inerenti alla pratica dello sport come riferimento di vita».Dopo l’intervento di suor Barbanera che si è soffermata sul significato cristiano dello sport «che, come dice Papa Francesco, più che abbattere muri deve costruire ponti, nella pazienza, nel mettere insieme i pezzi, nel formare una comunità che giorno dopo giorno crea e non distrugge. Proporre alle nuove generazioni itinerari sportivi di formazione alla pace, alla condivisione e alla convivenza dei popoli. L’attività sportiva –
ha continuato – unisce e non divide e la stessa bandiera olimpica con i cinque cerchi intrecciati testimonia questa unione. La disciplina sportiva ci aiuta anche ad avere una disciplina interiore: quando insegnavo al Liceo riflettevo sul valore assoluto degli alunni praticanti sport a livello agonistico, i quali rendevano molto di più, pur non avendo tanto tempo da dedicare allo studio, rispetto a coloro che di tempo invece ne avevano da vendere. Questo mi ha fatto ragionare su come l’autodeterminazione, la disciplina, la
solidarietà, la temperanza e le regole avessero un ruolo fondamentale nella crescita di ognuno di noi».
Chiusura affidata a Monsignor Giancarlo Bregantini, il quale ha ringraziato le due massime espressioni sportive regionali (Campobasso Calcio e La Molisana Magnolia Basket) «che ci danno questa nuova fierezza sportiva in una terra che non ha grandi squadre ma una bella tradizione vissuta nella lealtà dello sport in generale».
Bregantini ha poi proseguito: «Costruire ponti perché lo sport crea relazioni, domina il cuore nostro e va incontro all’altro. “La vita è l’arte dell’incontro anche se tanti scontri ci sono nella vita” ha detto Papa Francesco. Andare oltre, uno stile di vita che forma quel poliedro che ha moltissimi lati che tutti insieme compongono l’unità, seppur ricca di sfumature. Papa Francesco non ama il cerchio ma il poliedro, perché ha molte facce e rappresenta la società in cui le differenze convivono integrandosi, arricchendosi e
illuminandosi a vicenda, che poi è lo scopo dello sport.
Chi non ha vibrato di gioia nel vedere le tre ragazze italiane dell’atletica alle Paralimpiadi di Tokyo che la situazione di handicap aveva reso tristi e “periferia della società”. Lo sport, al contrario, permette di vivere con un altro punto di vista aspetti della realtà che non si riconoscono con i centri di potere dove si prendono le decisioni più importanti. Il coraggio che dona lo sport è stima di sé, valore della persona. Non
l’invidia che ci separa, dice Gregorio di Nazianzo, padre della chiesa del IV secolo, ma l’emulazione è la parola chiave di tutto lo sport: se lui ce l’ha fatta, ce la possiamo fare anche noi. L’emulazione vince l’insidia dell’invidia e la rende molla positiva perché l’altro non ti fa ombra ma ti stimola a migliorare».