Calcio. Il Città di Campobasso ricorre al Tribunale Federale Nazionale per il caso Sanseverino
In riferimento all’interpretazione fornita da alcuni organi di stampa su presunti “stipendi non pagati” nella scorsa stagione 2019/2020 l’SSD ARL CITTA’ DI CAMPOBASSO precisa quanto segue:
La società ha pagato regolarmente tutti gli emolumenti maturati dai propri tesserati alla data di sospensione del campionato causa Covid, così come previsto dalle normative federali e come testimoniato dalle liberatorie depositate presso la Figc in fase di iscrizione all’attuale torneo di serie D.
Nessuna normativa federale o statale ha invece mai chiarito l’eventuale spettanza per i tesserati delle somme relative ai mesi di stop dell’attività agonistica, ovvero da marzo 2020 in poi. Solo in data 25 settembre 2020 la Lega Nazionale Dilettanti e l’Associazione Italiana Calciatori hanno siglato un protocollo d’intesa non vincolante, lasciando quindi alle parti la libera scelta di aderire o meno alla proposta di una risoluzione transattiva in assenza di una norma specifica a tutt’oggi ancora mai neanche approntata.
Le vertenze che riguardano qualsiasi calciatore di serie D sulle somme maturate nel periodo di sospensione causa Covid non si riferiscono quindi a stipendi non pagati, ma al massimo alla “definizione” – altrimenti non quantificabile in maniera diversa – di eventuali somme residue da pagare entro 30 giorni dalla data di giudizio. A tal proposito, vale la pena ricordare che le decisioni della Commissione Accordi Economici possono essere impugnate dinanzi al Tribunale Federale Nazionale – Sezione Vertenze Economiche e quindi non possono essere automaticamente considerate definitive. Si può perciò parlare al massimo di “stipendi non pagati” solo 30 giorni dopo una sentenza definitiva, non certo prima. Inutile ribadire, a tal proposito, che il Campobasso rispetterà ogni singola decisione.
Dispiace inoltre prendere atto che il protocollo LND-AIC, a cui il Campobasso e tanti altri club hanno scelto di non aderire, è stato all’epoca siglato dai vertici federali senza avviare alcun dialogo preventivo con le società, assumendosi di fatto una grave responsabilità in un momento di crisi per il calcio italiano. L’auspicio è che ora il Tribunale Federale Nazionale, a cui faremo ricorso, possa riconoscere l’inesistenza di ulteriori somme da riconoscere ai tesserati per il periodo di stop dovuto alla pandemia, ribadendo peraltro che quelli degli atleti dilettanti sono rimborsi e non compensi lavorativi (altrimenti ci sarebbe stata la ‘cassa integrazione’ come tra i professionisti) e che in quei mesi non c’è stata alcuna prestazione né spesa da parte degli atleti, tutelati oltretutto da Sport e Salute, a differenza delle società che da più di un anno fanno i conti con i mancati incassi. La serie D al danno ha aggiunto anche la beffa.