23 Novembre 2024

Calcio. Il Città di Campobasso ricorre al Tribunale Federale Nazionale per il caso Sanseverino

In riferimento all’interpretazione fornita da alcuni organi di stampa su presunti “stipendi non pagati” nella scorsa stagione 2019/2020 l’SSD ARL CITTA’ DI CAMPOBASSO precisa quanto segue:

La società ha pagato regolarmente tutti gli emolumenti maturati dai propri tesserati alla data di sospensione del campionato causa Covid, così come previsto dalle normative federali e come testimoniato dalle liberatorie depositate presso la Figc in fase di iscrizione all’attuale torneo di serie D.

Nessuna normativa federale o statale ha invece mai chiarito l’eventuale spettanza per i tesserati delle somme relative ai mesi di stop dell’attività agonistica, ovvero da marzo 2020 in poi. Solo in data 25 settembre 2020 la Lega Nazionale Dilettanti e l’Associazione Italiana Calciatori hanno siglato un protocollo d’intesa non vincolante, lasciando quindi alle parti la libera scelta di aderire o meno alla proposta di una risoluzione transattiva in assenza di una norma specifica a tutt’oggi ancora mai neanche approntata.

Le vertenze che riguardano qualsiasi calciatore di serie D sulle somme maturate nel periodo di sospensione causa Covid non si riferiscono quindi a stipendi non pagati, ma al massimo alla “definizione” – altrimenti non quantificabile in maniera diversa – di eventuali somme residue da pagare entro 30 giorni dalla data di giudizio. A tal proposito, vale la pena ricordare che le decisioni della Commissione Accordi Economici possono essere impugnate dinanzi al Tribunale Federale Nazionale – Sezione Vertenze Economiche e quindi non possono essere automaticamente considerate definitive. Si può perciò parlare al massimo di “stipendi non pagati” solo 30 giorni dopo una sentenza definitiva, non certo prima. Inutile ribadire, a tal proposito, che il Campobasso rispetterà ogni singola decisione.

Dispiace inoltre prendere atto che il protocollo LND-AIC, a cui il Campobasso e tanti altri club hanno scelto di non aderire, è stato all’epoca siglato dai vertici federali senza avviare alcun dialogo preventivo con le società, assumendosi di fatto una grave responsabilità in un momento di crisi per il calcio italiano. L’auspicio è che ora il Tribunale Federale Nazionale, a cui faremo ricorso, possa riconoscere l’inesistenza di ulteriori somme da riconoscere ai tesserati per il periodo di stop dovuto alla pandemia, ribadendo peraltro che quelli degli atleti dilettanti sono rimborsi e non compensi lavorativi (altrimenti ci sarebbe stata la ‘cassa integrazione’ come tra i professionisti) e che in quei mesi non c’è stata alcuna prestazione né spesa da parte degli atleti, tutelati oltretutto da Sport e Salute, a differenza delle società che da più di un anno fanno i conti con i mancati incassi. La serie D al danno ha aggiunto anche la beffa.

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