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7 Luglio 2025

Peruzzi:” Il calcio è diventato un cinema, non fa per me.

Tutto è cambiato. I giocatori? Un’azienda. Firmano un triennale e dopo pochi mesi chiedono l’aumento col procuratore o vogliono essere ceduti.
I portieri? Più bravi coi piedi che con le mani. Io oggi mica potrei giocare. Non dico sia sbagliato, ma non fa per me. Meglio i boschi, la natura.
Il mio primo ricordo legato al pallone risale agli anni 70. L’ultima strada di Blera, polverosa, poco frequentata: tre contro tre con una palla di gomma piccola per fare gol con le cassette di legno come porte.
Mi divertivo a fare gol. Ma, diciamo la verità, ero una “pippa”.
La mia maestra elementare, in quinta, organizzò una partitella.
Chi va in porta? Silenzio.
Allora facciamo così: chi tocca la traversa fa il portiere.
Ero il più alto, la sfiorai, sono rimasto tra i pali.
Due anni dopo, l’ex romanista Scaratti viene a Capranica, pochi chilometri da casa, per un provino della leva 69.
Io guardo da dietro la porta. Poi alla fine fa all’allenatore dell’epoca: e quello? indicando me. Para benino.
Cominciò così.
Il 13 dicembre 1987, a San Siro, in Milan-Roma, un petardo dalla Sud sfiora Tancredi che ha un malore e deve essere sostituito. E’ il mio debutto in serie A.
Avevo 17 anni, ero riserva. Liedholm dice: fate entrare il ragazzino.
Tutta la panchina si volta e io che ero l’ultimo, mi volto: vedo i barellieri.
Pruzzo dal campo: deficiente, tocca a te.
Poi andai un anno a Verona, lontano da casa, fu dura. Giocai bene, ma ero solo.
Mi salvarono le figurine Panini. Mi fecero compagnia.
Al ritorno a Roma presi Lipopil, le pasticche per dimagrire a base di fentermina, vietate: così il controllo antidoping e la squalifica per doping di 12 mesi.
Ero ingenuo, un “bambacione”. Finii dentro quella brutta storia.
Solo il grande presidente Viola fu gentile con me. Gli altri? Spietati.
Tornai a casa: i giornalisti, la vergogna con la gente di Blera. Mesi d’inferno.
Ma divenni uomo. Non mi fidai più di nessuno.
E poi squillò il telefono. Montezemolo.
Mi voleva la Juve: tornai a vivere.
Ma poi quella Juve lì saltò per aria e pensai: è finita anche stavolta.
Invece Boniperti mantenne la parola e mi chiamò a Torino.
Peruzzi, mi disse, capelli corti, vestiti civili. Lei pensi a giocare a tutto il resto pensiamo noi.
E lì vinsi tutto. Campionati, la Champions, le coppe internazionali. Anni stupendi, grandi soddisfazioni.
Non mi sono mai considerato tra i più forti del mondo, non scherziamo, dai.
Prima c’era Zenga, molto più bravo di me.
E poi io ho sempre visto gli altri parare meglio. Toldo, Pagliuca.
In Under 21 Antonioli faceva parate che io nemmeno immaginavo.
Capello mi voleva al Real. A Madrid sarei andato volentieri. Ma poi lui è stato lì solo un anno.
Dopo la Juve seguo Lippi, vado all’inter, ma si fanno male Ronaldo il fenomeno e Vieri. Io paro, ma l’anno è deludente.
Così mi chiama la Lazio.
Cragnotti, lo scudetto che avevano appena vinto, trenta chilometri da Blera: come potevo dire di no.
Sono stato benissimo, anche se poi il club fallì e Lotito ci spalmò i contratti.
Ma ero sereno. Stavo bene. Anche se i romanisti dicevano che ero diventato laziale e i laziali che ero romanista.
Nel Mondiale 2006 andai come vice di Buffon, andai perché volevo giocare. Abbiamo vinto quel Mondiale per due ragioni. La rabbia di molti per la storia di Calciopoli che ci aveva sputtanato a livello internazionale. E quelli che non giocavano o giocavano poco: davamo il massimo in allenamento. Fu quello il segreto del gruppo.
Calciopoli? Non discuto le sentenze. Ma Moggi io me lo ricordo bene: tutti lo cercavano, tutti chiedevano consigli, tutti volevano essere come lui.
Nel 2007 l’addio al calcio, le ginocchia non reggevano, pensai di fare l’allenatore.
Ma non era per me. 24 ore a pensare solo calcio? No, grazie.
Un giorno Capello mi disse: Angelo, per fare l’allenatore devi anche andare in tv a farti vedere. Io? Capii che non era una roba per me.
Meglio team manager alla Lazio, era bello fare da unione tra la squadra e la società».
Sfatiamo una leggenda: sono andato via in pace. Lotito ha il suo carattere, ma pure io: permaloso, tanto. E capoccione, testardo. È finita. Giusto così.
Per me il portiere più forte di sempre è stato Dino Zoff. Faceva sembrare tutto facile. Poche parole, solo fatti. Un grandissimo. Come portiere e soprattutto come uomo.
E oggi? Sono tanti. Sono bravi. Ma sto gioco dal basso mi fa ridere. Dice: serve per fare gol. Se non sbagli però. Se qualcosa va male, hai il nemico in casa. Ma siamo matti?
Oggi faccio tante cose, vedo poche partite, mi annoiano a volte, meglio i boschi, i funghi, la caccia. Lo so, lo so: vivo a Blera, un paesino in provincia di Viterbo.
Ma io qui sto bene, sono felice. E per me il posto più bello del mondo”.
?️ ANGELO PERUZZI
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